La categoria del cliente meno amata dai commercianti e quella che, qualsiasi cifra spenda, chiede lo sconto. Ci sono persone che hanno un automatismo che le porta a basare i propri acquisti dove possano pensare, oltre che gratificarsi con un piacevole acquisto, di poter fare anche un “affare”.
Che sia la spesa al super (che fanno solo supportata dalle montagne di depliant che intasano ogni cassetta della posta dei paesi civilizzati gridando offerte e 3 X 2) o magari per il jeans ricoperto di strass a cui fanno la voglia, così conducono la loro vita e la loro carta di credito alla ricerca implacabile del “buono sconto”.
E a volte, soprattutto nell’abbigliamento sono doppioni, triploni o più, di cose che intasano armadi e guardaroba ma tale è la frenesia di avere a che fare con qualcosa che sembra un’occasione che accumulano strati di vestiario ed accessori senza neanche riuscire ad utilizzare tutto, anzi magari sbarazzandosene ancora con l’etichetta dopo qualche anno di stallo, per intasamento dello spazio vitale ma col cuore pacificato dall’aver fatto un affare mentre lo stavano acquistando.
Non che non ci siano cose in cui il contrattare è quasi d’obbligo: voler diventare proprietari di un appartamento, visto i capitali che ci vogliono per poterci riuscire ha insito un sistema di contrattazione che è diventato la norma e giusto è che la concessionaria che fa il contratto migliore sia la vincitrice e ci possa vedere felici clienti di un’automobile nuova presso di loro.
Il problema diventa (per alcuni quasi una mania) quando tutto passa attraverso l’insana passione della formula “mi fa lo sconto?” sviluppando un’abitudine conclamata e costante. Si diventa quegli (inconsapevoli ahimè) clienti che si trascinano questa nomina sgradevole da un negozio all’altro, i cui esercenti fanno passa parola con i colleghi e che sanno benissimo che alla conclusione della vendita l’agghiacciante domanda farà la sua comparsa.
Ognuno deve e può vederla come gli pare ma io credo che chiedere sempre e comunque una riduzione su quello che si vorrebbe avere o peggio basare la propria decisione di acquisto sulle offerte speciali non è una cosa corretta. Innanzi tutto nei confronti di sé stessi.
La valutazione che scelgo di fare nei miei confronti è che quando mi piace una cosa decido se o non posso “permettermela” in questo momento. Se “non posso” la metto nella lista dei desideri da esaudire.
E lo vivo con un’estrema dignità, centratura e la signorile visione del mio Io che conseguentemente mi sorride con soddisfazione.
Non che mi diverta a buttarli via (i soldini) ma mi voglio considerare una persona Speciale che sceglie il Meglio perchè mi piace e perchè posso farlo, sennò lo rimando a quando potrò se l’oggetto in questione mi piacerà ancora. Mi vieto di essere una persona che si da il valore di un’offerta speciale. E’ una visione che detesto, che non apprezzo in nessuno.
La parte attiva più divertente ed interessante è che ho imparato a come focalizzare l’energia della mia mente sull’allineamento e a chiedere all’Universo.
Chiedere quella cosa ed essere certa che arriverà, se davvero mi piace e la voglio troverò la strada per far sì che appaia nella mia realtà, facendo tutti contenti: me e chi tramite il suo lavoro può felicemente vendermela inondandomi di genuina gratitudine e soddisfazione che poi si rifletterà in tutti gli ambiti della mia vita, spianandomi ancor più rapidamente la strada alla realizzazione dei miei desideri.
Questo atteggiamento è anche portare rispetto a chi lavora e alla valutazione di ciò che offre senza mettere nella condizione di frustrazione dal continuo tentativo di mercanteggiare che molti clienti impongono (senza contare il sacrosanto profitto che ne deve avere l’esercente – anche lui paga le tasse, magari l’affitto della sua attività, passa la vita in orari infiniti e faccende di doveri e commercialisti, cercando di lavorare col sorriso, gentilezza e pazienza come dovrebbe essere il venditore etico e professionale).
O che ha voglia e diritto di farsi magari delle belle vacanze, per ritemprarsi e poter vivere con soddisfazione, con l’ingresso economico che ha scelto come sua professione di negoziante, di cui parte sono gli “spicci” che clienti maldestri ritengono un giusto “diritto” tenersi mercanteggiando allo sconto. Ogni cliente, ogni giorno, tutti i mesi, tutto l’anno fanno in totale una montagnetta di soldi che il commerciante per non dispiacere o per convenzione in un certo senso costrittiva non incassa.
Un’amica che ha un bellissimo negozio di abbigliamento, (tra l’altro alle clienti fisse e alle amiche offre un trattamento di “favore”) una sera dopo cena raccontando episodi su quelli che di chiedere lo sconto ne hanno fatto una professione:
“non sono arrabbiata è che faccio una grande fatica a mantenere una linea di comportamento e nessuno si sogna quante grane personali, lavorative e burocratiche col sorriso devo affrontare ogni giorno ed è logico che cerco sempre di accontentare il cliente, a volte sono la prima io a fare lo sconto se capisco che mi facilita la vendita, ma trovo davero poco rispettoso chiederlo. Anche da Armani funziona così? O chesso’ dal medico privato? E allora perchè da me sì?”
Una cosa molto importante da imparare nei confronti di se stessi, e conseguentemente anche verso le altre persone (essendo tutti Uno) è: avere il massimo rispetto. Usare lo stesso metro che ci piacerebbe “gli altri” usassero con noi, la stessa sensibilità, la stessa comprensione.
Valutando tutte quelle cose che a volte non sembrano importanti ma se le facessero a noi ne rimarremmo davvero amareggiati.
Seconda cosa, fidarsi ed usare il Potere che abbiamo di indirizzare le nostre energie per ottenere ciò che davvero vogliamo in modo certo e veloce. E crederci davvero. Creando e facendo felice tutto il creato. Funziona!