Quella che il bruco chiama fine del mondo…

Io e Sara non ci conosciamo personalmente. O meglio ci siamo sentite via skipe qualche giorno fa per una sessione di coaching e mi ha colpito particolarmente la sua voce fresca, giovane, aperta, vitale. E anche il suo entusiasmo, la sua umiltà e il suo essere eccezionalmente propositiva.

E quando en passant mi ha raccontato dell’avventura che ha contribuito al suo salto quantico di consapevolezza lo ha fatto con una tale grazia e bellezza che non ho potuto non chiederle di condividerla pubblicamente.

Ecco quello che ha scritto per noi, per diffondere il suo segnale forte e chiaro di potere, fiducia e rigenerazione, momento per momento. Semplicemente GRAZIE Sara!

il resto del mondo la chiama farfalla

“Quella che il bruco chiama fine del mondo…”

A questo pensavo mentre mi giravo tra le mani un libro, senza essere in grado di leggerlo, fissandone con occhi sbarrati la copertina e non riuscendo più ad alzarmi dalle sedie posizionate davanti alle macchinette del caffè dell’ospedale.

Per me il mondo, per come l’avevo conosciuto fino a quel momento, non esisteva più, era crollato, era finito.

Solo a questo riuscivo a pensare.

La mia paura più grande, quella di avere un tumore, si era improvvisamente trasformata, in quella calda mattinata di giugno del 2010, in un’agghiacciante verità.

E’ stato uno shock, per quanto mi riguarda, senza precedenti… a 33 anni, entrare in ospedale da sola e senza la benché minima preoccupazione e dopo 1 ora e 40 all’interno del tubo della risonanza magnetica trovarsi di fronte a una diagnosi così nefasta.

Ma pensando a quella frase mi ripetevo che il proverbio a cui faceva riferimento non parlava solo della fine del mondo, ma proseguiva in qualche modo… com’è che proseguiva? Ah, ecco…

“Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo la chiama farfalla”

Questo era il proverbio che mi ripetevo quel 4 giugno seduta davanti alle macchinette del caffè dell’ospedale con in mano un libro che non ero più in grado di leggere e nel cuore l’angoscia più profonda che avessi mai provato in vita mia.… me lo ripetevo perché era la prima cosa che mi era venuta in mente, perché in quel momento non ero veramente più in grado di pensare a nulla di sensato e mi ero ancorata a quelle parole… ma ripensandoci ora, me lo ripetevo anche perché nonostante tutto una piccola parte di me, per mia immensa fortuna, non aveva perso la testa, non si era tuffata nel vortice di angoscia scuro e senza fine. Una parte di me aveva deciso di non affondarci in quel vortice e di nuotare e nuotare fino ad arrivare a riva.

Sono stati giorni terribili e mesi più che duri. Più o meno un anno tra chemioterapie e autotrapianto… inclusi i 21 giorni di ricovero in isolamento, dove chi veniva a trovarmi, ci poteva stare poche ore e doveva indossare mascherina, camice, cuffia e calzari perché un piccolo germe poteva in pratica stendermi in quel momento.

Ma avevo deciso di vedere questa terribile situazione come un’occasione e non come una condanna. Non tanto perché fossi particolarmente forte e saggia, quanto perché l’alternativa sarebbe stata annegare nell’angoscia che mi toglieva tutto, compresa la capacità di pensare.

Forse anche a causa della mia formazione in Psicologia non ci stavo a vedere la malattia come qualcosa che mi “era capitato” dal nulla, per sfiga o per qualcosa del genere. Non riuscivo a percepire il mio tumore come un alieno, anche perché, in fondo, era dalle mie cellule che si era creato, era comunque qualcosa di mio… e di conseguenza non ci stavo a pensare che il mio tumore lo dovevo “combattere” e “sconfiggere”. Anche questa terminologia “marziale”, non mi aiutava a sviluppare serenità. “Combattere”, “sconfiggere”… non mi faceva sentire meglio pensarla così.

Quello che ho pensato è stato che il mio corpo stava cercando di comunicarmi qualcosa, di urlarmi qualcosa, in questo caso. E se volevo uscirne, questa volta avrei dovuto ascoltarlo.

Ed è stato quello che ho fatto.

Sarà stato anche perché ho avuto, per forza di cose, settimane e mesi durante i quali sono stata costretta a stare da sola per intere giornate, impossibilitata ad uscire e obbligata a stare in una stanza in completa solitudine, ma piano piano ho iniziato a fare quello che dovevo fare, ossia a fare i conti con me.

Piano piano ho imparato a fare la mia conoscenza.

Strano conoscere soltanto dopo 33 anni qualcuno con cui hai convissuto da sempre… giorno e notte… Il fatto è che questo “qualcuno”, in effetti, il mio corpo e, ad esempio, il mio bambino interiore non lo avevo mai ascoltato, non me ne ero mai veramente interessata. A pensarci così, ho iniziato a provare anche un po’ di compassione per me stessa. Per le parti di me che avevo ignorato e anche un po’ bistrattato, incluso il mio corpo.

Per meglio mettermi in ascolto, ho iniziato a scrivere. E ho scritto pagine e pagine per rivivere i miei ultimi anni e cercare di capire quali potessero essere state le cose che avevo dimenticato, confuso, trascurato e che avevano infine portato il mio corpo a darmi un vero e proprio out out…

Ho letto di tutto, ho messo in discussione e preso in esame varie teorie inerenti all’auto-guarigione e argomenti affini…le ho messe in pratica tutte in generale e sposata nessuna in particolare, a parte l’Ho-ponopono… Lì ho sentito che qualcosa in me risuonava profondamente… lì mi sono fermata, come ci si ferma in un’oasi dopo una lunga attraversata nel deserto…

E ho iniziato a “ripulire” e ripulire e ripulire.

“Gli essere umani non nascono sempre il giorno in cui le loro madri li danno alla luce, ma la vita li costringe ancora molte volte a partorirsi da sé.” Gabriel Garcìa Màrquez

Oggi, dopo 4 anni sono tuttora in remissione completa. Non so quanto devo ringraziare le cure ricevute, le persone meravigliose che ho avuto al mio fianco e il lavoro che ho fatto su di me.

Credo che tutti questi elementi messi assieme mi abbiano portata al traguardo che speravo di raggiungere, cioè avere una seconda chance. Volevo sopravvivere e rinascere.

Oggi penso alla mia esperienza di fronte al tumore, le chemioterapie e i molteplici ricoveri in ospedale come a un’occasione unica che mi ha aiutata enormemente… un’occasione più che preziosa, che mi ha permesso di diventare quella che volevo essere, ma che non ero mai stata. Quando penso a come avevo vissuto prima di quell’esperienza, non posso non pensare che quella non era la vita che avrei voluto vivere.

perché adesso posso aprire le ali e finalmente volare

Questa che sto vivendo adesso, dopo essere uscita da questa avventura/disavventura, dopo aver fatto conoscenza con me stessa, dopo aver imparato ad ascoltare tutto di me, anche i bisogni e i desideri che mi spaventavano di più, questa sì, che è la vita che volevo vivere.

E ogni giorno aprendo gli occhi la mattina, mi sorprendo ancora a non vedermi più costretta a “strisciare” come un piccolo bruco… perché adesso posso aprire le ali e, finalmente, volare.

Sara-Fontana-psicologa

Sara Fontana

Psicologa

Centro di Salute Psicofisica, Torino

Centro Studi di Medicina Legale, Piazza Matteotti 9, Domodossola (VB)

sara.fontana@salutepsicofisica.it

13 commenti su “Quella che il bruco chiama fine del mondo…

  1. Wow! quando si dice che tutto quello che accade è sempre per il meglio, questa è la dimostrazione che non c’è verità più vera. se non ti fermi a guardarti dentro, ci pensa la vita a farlo per te.
    grazie per l’articolo.

  2. E’ possibile vivere la sofferenza accettando il dolore consapevoli che siamo nati per la gioia!
    tutto può diventare occasione di trasformazione.
    grazie della bella testimonianza!! Gabriella

  3. Anch’io pratico Ho Oponopono, ho letto “I Codici di Guarigione” e li sto anche applicando, ho letto “Il Segreto della Guarigione Quantica di Kinslow, la Medicina della Nuova Era di Oscar Citro, libri che consiglio a tutti, perché credo fortemente nell’auto guarigione.
    Il problema è che se uno inizia la terapia con chemio e radio e, fortunatamente guarisce, come fa a sapere che la guarigione è frutto della medicina o del proprio autoconvincimento.
    Auguri a Sara

  4. Che dire di questa ulteriore meravigliosa testimonianza, riferita ai risultati che si possono ottenere con Ho’Oponopono.
    Per meravigliosi risultati intendo in qualsiasi ambito della nostra vita.
    Quando prendiamo ls totale consapevolezza che tutto ciò che ci succede ne siamo noi gli artefici al 100%, allora puliamo quelle cose che sono poco in sintonia con noi stessi, e ringraziamo per quelle che ci risuonano perfettamente.
    Mi dispiace, ti prego perdonasmi, ti amo, grazie.
    Grazie Sara per questa tua forte testimonianza

  5. Grazie per questa esperienza raccontata che trasuda di autentico coraggio,il coraggio di guardarsi davvero,il coraggio di essere in piena responsabilità di noi stessi,il coraggio di esserci e non solo vivere quello che capita come qualcosa di esterno a noi.E’ molto difficile trovare quel coraggio perchè non c’è scappatoia, sei tu e tu e nessun’altro ha responsabilità di quello che vivi .Mettiamocela tutta perchè questo coraggio sia un obbiettivo unico e raggiungibile grazie Sara.

  6. Ascoltare una testimonianza così mi rincuora. Mio marito, come te, nel 2010 aveva ricevuto la terribile diagnosi di tumore e si è sottoposto alle “cure” tradizionali e anche ad altre terapie, purché compatibili con chemio e radio. Voleva vivere, era positivo, ottimista, molto diligente nel seguire le cure che gli erano state prescritte, tuttavia non ce l’ha fatta. Non so perché sia andata così, non dico più neanche che ha sbagliato ad affidarsi agli oncologi “normali” e non mi permetto di giudicare se si sia messo in discussione o no, so solo che era una persona meravigliosa e la sua presenza fisica mi manca molto.
    Grazie di avermi mostrato che è possibile sopravvivere e buona nuova vita!

  7. L’esperienza di Sara è una benedizione, una Luce, in grado di farci vedere che tutti Noi, possiamo incollarci quelle ali, in qualsiasi condizione. Grazie

  8. Brava Sara!!! Così si fa!! Il tumore è un grido disperato dell’anima che ha provato in tutti i modi a farsi ascoltare da noi ma è stata bellamente ignorata. Quindi prima inizia con un raffreddore, poi un’influenza, magari una caviglia slogata o qualcos’altro – ogni sintomo ha un riferimento ben preciso alla problematica da affrontare – e se siamo tanto cocciuti a non capire arrivano malattie importanti che sono “incurabili”, cioè “curabili dall’interno”. Tu sei stata così brava da ascoltarti, capire, riconoscere cosa non andava e cambiare la rotta. Due libri bellissimi che spiegano molto: “Malattia e destino” di Thorwald Dethlefsen e Ruediger Dahlke, e di Ruediger Dahlke solo “Malattia linguaggio dell’anima”, con una sezione dedicata al tumore, bellissima; in più anche “Ogni sintomo è un messaggio” di Claudia Rainville.
    Buona vita!!!!

  9. Grazie a tutti voi per le bellissime parole che avete lasciato in commento al mio scritto…
    Mi avete toccato il cuore.
    Sono queste belle sensazioni, come quella che ho provato nel leggervi, che portiamo nel cuore e che ci illuminano anche nei momenti “bui”…
    Grazie ancora….
    Sara

  10. grazie sara , la tua storia è entusiasmante e incoraggiante per tutti , anche se non abbiamo avuto tutti il tuo stesso problema, il metodo è eccezionale , (riferito al fatto di avere l’occasione di cominciare a conoscersi) anche il tuo atteggiamento verso la malattia è stato perfetto.
    che sia un esempio per tutti , un amorevole abbraccio.
    GRAZIE

  11. credo che tu sia una farfalla dai mille colori…e devi fare vedere al “mondo” che il bruco può scegliere indipendentemente dalla malattia di trovare un senso senza farsi prendere dall’odio… io un “bruco” l’ho perso ma ha donato le ali a me…quindi tutto ha senso per me leggendo le tue parole

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